martedì 2 giugno 2015

Bruges, la Movida e i Pinguini

Il Ritratto dei Coniugi Arnolfini è un’opera tra le più note del pittore fiamminga Jan Van Eyck. Ho sempre associato la parola “fiamminga” ai racconto della piccola fiammiferaia, e il cognome Van Eyck all’attore che interpretava Bert lo spazzacamino, ma in versione Medico in Corsia. Sto divagando? Di già? Non mi sembra...

L'opera è un ritratto di scena intima e familiare, ma per secoli i critici si sono affaticati nella ricerca di spiegazioni allegoriche ai gesti dei coniugi, alla loro espressione e agli oggetti sparsi per casa.

Vogliamo qui offrire una visione un po’ più razionale, ricavata dall’osservazione attenta dell’immagine e dalla consultazione di documenti scritti dell'epoca, in particolare i diari segreti di Jan Van Eyck. 
Jan tenne un diario segreto fin dall’età di 8 anni, ed ebbe sempre la costanza di appuntare note scritte relative alla realizzazione delle sue opere.  
(N.d.A.: Costanza che spesso manca a certe autrici di mia conoscenza, che spaziano e divagano, lasciando sempre a metà quello che iniziano.)

Ok, ok... “I Coniugi Arnolfini", dipinto nel 1434, rappresenta una coppia in piedi, in una stanza. I coniugi ritratti sono Giovanni Arnolfini e la moglie, Giovanna Cenami, italiani emigrati in Belgio per fare i mercanti e i banchieri.  
La scena è ambientata nella camera da letto del bilocale, piccolo ma accogliente e di recente ristrutturazione, che i due avevano affittato a Bruges. 

Negli anni ’30 del 400, il centro storico di Bruges era ricco di locali notturni, ritrovo per i giovani, che si davano appuntamento nel tardo pomeriggio per un aperitivo, e si risvegliavano 12 ore dopo, curcati nei fossi, dopo un’intensa nottata di cui conservavano pochi ricordi, tra cui a volte la sifilide.

Vediamo meglio i protagonisti. 

Lui, Giovanni, sguardo tipico del mercante di Bruges che è appena arrivato a casa dopo essersi svegliato in un fosso, alza la mano verso la moglie, e con voce roca tenta di mormorare “con i mojito ho chiuso”. Con l’altra mano afferra la mano della moglie, forse per cercare un equilibrio.

Giovanna lo guarda e gli offre la mano a palmo aperto, trattenendo a stento la voglia di spalmargli la suddetta mano in faccia, per spiegargli meglio come è fatta la colazione dei campioni che tornano a casa dopo essersi svegliati nei fossi. 
(N.d.A.: Il mio coprivano è dello stesso colore del vestito di Giovanna.)
(N.d.A.: non credo di aver mai detto che tutte le note debbano per forza essere pertinenti.)

La conversazione è stata ricostruita grazie anche ai dialoghi, riportati in fiammingo stretto, sui diari di Van Eyck. Van Eyck fece probabilmente qualche piccolo errore di comprensione, ascoltando i coniugi parlare in italiano, e capendo, ad esempio, "stro" (paglia) anziché "stront" (ehm, tipo cacca). Quindi una parte di dialogo relativo alla testa ripiena di paglia di Giovanni non è considerato attendibile dagli storici.

L’appartamento è pieno di oggetti sparsi, che sono stati spesso scambiati per simboli. In realtà, i coniugi, tra la banca, il mercato e la movida, avevano ben poco tempo per rimettere a posto. Si notano infatti le ciabatte di lui (un modello molto in voga all’epoca, zoccoli di legno a infradito con tacco, da far impallidire le più recenti Crocs), lasciate a terra davanti alla porta, e le ciabatte di lei, seminascoste sotto il letto. La massiccia figura di lei, con l'enorme vestito color verde "copri-divano", nasconde alla vista la pila di panni da piegare, appoggiati ai piedi del letto.

Il lampadario è una vera chicca, e dai diari di Jan scopriamo che Giovanna ci mise una vita a trovare il tipo giusto per la camera da letto (lampadario, non tipo, con il tipo ebbe fortuna, lo incontrò molto giovane), girando per i mercatini dell’usato di tutta Bruges (sempre il lampadario, il tipo lo trovò in un discutibile disco-risto-pub che non praticava una difficile selezione all'ingresso).
Jan riporta anche il fatto che il marito avesse spesso da ridire sulle scelte lampadaristiche di Giovanna, ma all’epoca ai mariti era assolutamente vietato scegliere i lampadari. 
Tradizione molto bella, che ai giorni nostri si è persa purtroppo, lasciando spazio agli scempi di design che si possono osservare in certi quadrilocali di Torino (piccoli ma accoglienti e di recente ristrutturazione).

Sul davanzale della finestra vediamo un po’ di frutta, appoggiata in parte anche sul cassettone. Questo a dimostrazione che i coniugi spesso rimandavano lo svuotamento della lavastoviglie, per passare la serata spaparanzati sul divano, oppure davanti al computer a scrivere cavolate. E i cestini portafrutta attendevano pazienti dentro la lavastoviglie.

Il punto focale del quadro, il piccolo animale di compagnia che i coniugi Arnolfini vollero ritratto tra loro, è stato per secoli mascherato dalla censura, con diversi strati di bianchetto e pittura. 

Ma recenti restauri, finanziati dal Centro Ricerche Sfeniscidi, un istituto di fama discussa, benché si occupi prevalentemente di finanziare progetti in campo artistico e storico, hanno riportato alla luce lo splendido esemplare di Pinguino Reale rappresentato. 

I Coniugi Arnolfini


La consultazione delle fonti storiche scritte dell’epoca (sempre resa possibile dal summenzionato Centro Ricerche) ci ha portato a confermare, a partire dai registri comunali degli animali domestici, fino al prezioso censimento delle attività commerciali di smercio di cibo per pinguini, la forte presenza di pinguini reali nelle case dei giovani mercanti e banchieri nel '400 a Bruges. Presenza ormai nota in tutta l'Europa, in quella e in molte altre epoche.

Chiudiamo l'analisi di questa splendida opera con un particolare, lo specchio alle spalle dei coniugi. 
Con un semplice espediente il pittore riesce a mostrarci il quadro appeso sopra la porta d'ingresso della camera da letto, raffigurante un soggetto molto in voga all'epoca, ispirato alle Tre Grazie.


Ingrandimento del particolare dello specchio.

Le Tre Grazie, affresco romano del IV sec. a.C.



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