sabato 13 febbraio 2016

Chi pulisce più di Sciantecleir?

La prima storia di questa leggendaria figura, che ha diviso generazioni di studiosi e scienziati, si perde nella notte dei tempi.
 
"Notte dei tempi" è il nome della cartellina su qui ero solita salvare le mie bozze, sul vecchio pc che poi ho cimito (il pc, non le bozze, che, modestamente, erano splendide).

Adesso ho questo nuovo pc molto più funzionale del precedente, a patto di superare due scogli: 

1) localizzare il pulsante di accensione; 
2) comprendere che il mancato funzionamento della tastiera dipende dall'assenza di pile;
3) localizzare lo scomparto pile nella tastiera. 

Una volta superato lo scoglio e arginato il seguente mare, mi sono rimessa a scrivere da capo la storia della monaca Sciantecleir. 
Purtroppo narrare questo genere di storie è molto difficile, per due motivi:

1) le fonti agiografiche di riferimento sono per lo più memorie corrotte dal tempo, riportate da commentatori spesso di parte e tradotte con google transistor;

2)la tendenza, quando si è stanchi, a ridurre quello che poteva essere un breve e simpatico aneddoto in un a logorroica e pallosa digressione infradiciata di elenchi numerati che distraggono il lettore e confondono l’autore;

3)eh?

Scianteclair e l'albero di Gelsomino

Scianteclair abitava in una piccola casa e gestiva un negozio di articoli domestici. Sul retro della casa c'era un orto e in questo orto cresceva una splendida pianta di Gelsomino. Gelsomino era stato, anni prima, il suo vicino di casa. 

Qualche anno prima, una notte, Gelsomino era tornato a casa completamente ‘mbriaco e aveva deciso di trapiantare un albero dal suo giardino in quello della vicina. Ai suoi occhi affumicati dall’alcol e dal desiderio, questo gesto rappresentava una esplicita richiesta di congiunzione carnale.

Il giorno dopo Scianteclair si svegliò e vide un ombra alla finestra, era la pianta di Gelsomino. “Congiunzione carnale, alle sei del mattino?” pensò, affacciandosi. Una volta alla finestra vide che sul ramo era sbocciato un fiore e decise di raccoglierlo. Sporgendosi, ebbe una visone che la lasciò senza fiato. Alla base della pianta c’era Gelsomino, che si congiungeva carnalmente con l’albero. Terminato l’atto, l’anima di Gelsomino venne portata via da una cirrosi fulminante. Le sue spoglie mortali vennero sepolte ai piedi dell’albero, a scopo concimativo.

La primavera seguente l’albero si riempì di fiori, che vennero raccolti, fatti essiccare e sbriciolati a mano da Scianteclair. La santa donna utilizzò quei fiori per realizzare un infuso dalle proprietà miracolose. Tutti coloro i quali assunsero questo infuso vennero guariti da ogni male, ritrovarono l’amore e il lavoro e vinsero al superenalotto e di conseguenza lasciarono il lavoro precedentemente trovato a qualcun'altro, che non aveva voluto assumere l'infuso miracoloso (ma allora come aveva trovato lavoro? mistero della fede). 
Almeno, questo è quanto Scianteclair fece ciclostilare sui volantini che distribuì all’inaugurazione della sua Tres Chic Tea Boutique. 

I primi anni le vendite andarono abbastanza bene ma, dopo che i parenti dei primi 239 morti per aver assunto tisane anziché penicillina per curare un’infezione vinsero ognuno la rispettiva causa, Scianteclair si ritrovò sull’orlo della bancarotta. 
Mentre si disperava, tra le lacrime che le offuscavano la vista le parve di scorgere un’ombra. Era il fantasma di Gelsomino. Con un gesto teatrale le prese dalle mani la tazza di tisana e la rovesciò sul pavimento. “Non piangere sulla tisana versata, amore mio” le sussurrò l’ex-mancato-amante “guarda piuttosto il pavimento, com’è lindo , pulito e sgrassato. Ed è bastata una sola applicazione!”.

Fu così che Scianteclair capì cosa fare con le sue scorte invendute. Una settimana dopo riapriva la sua attività di articoli domestici, che divenne la poi leggendaria Boutique Chic’e’span.

Ancora oggi, le prodigiose proprietà sgrassanti dell'infuso di Gelsomino sono note ai maniaci della pulizia e ai gozzovigliatori di tutto il mondo, che lo applicano internamente ai loro intestini sovraccarichi di raclette, vino, carne, mix di roba sottaceto e sottolio, dolce, caffè e, se avanza, anche qualche fetta di pizza dei bambini, tanto Ilaria non la finisce mai e poi dispiace lasciarla lì. (N.d.A.: La pizza, non Ilaria, quella se volete potete tenerla un paio di giorni, non c'è problema.)

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